CONFUCIANESIMO

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INTRODUZIONE

 

Il Confucianesimo è la dottrina di Confucio e dei suoi seguaci che ha dominato per oltre duemila anni la vita etica, politica e religiosa della Cina, in quanto prescriveva i riti di stato della casa imperiale, come pure il culto degli antenati della famiglia e forniva sia il codice pubblico di comportamento (che i regnanti della Cina e i loro funzionari dovevano rispettare), sia il codice privato della vita familiare.

L'insegnamento di Confucio fu preservato dai suoi discepoli (alcuni dei quali, peraltro, raggiunsero posti di rilievo nell'amministrazione dello Stato feudale), nei "Colloqui", una raccolta non sistematica di brevi aneddoti e detti, fatta molti anni dopo la sua morte. I testi canonici, cioè i Quattro libri (intellettualmente più evoluti) e i Cinque canoni, hanno poco di religioso: si tratta piuttosto di regole per l'agire pratico (personale, familiare, sociale e politico-amministrativo). E' una sorta di filosofia del vivere civile, con risvolti che potremmo definire di tipo religioso. Non ci sono tuttavia rivelazioni, dogmi, sacramenti, miracoli, cosmogonie e apocalissi.

Lo studio del Confucianesimo venne proibito durante la dinastia Qin (221-206 a.C.), che seguì a quella Chou. Unificando i vari Stati esistenti e proclamandosi per la prima volta nella storia cinese, imperatore, il sovrano Cheng iniziò un movimento irreversibile di identificazione nazionale, comportandosi in maniera ostile nei confronti della tradizione confuciana, ritenuta troppo compromessa col feudalesimo del periodo precedente (nel 213 a.C. ordinò addirittura il rogo dei libri confuciani). Ma la dinastia successiva degli Han (202 a.C.- 220 d.C.) restaurò le tradizioni confuciane, tanto che nel 59 d.C. l'imperatore Ming-Ti ordinò gli inizi di un culto a favore di Confucio. Da allora e sino agli inizi del XX sec. la sua popolarità non conobbe declini, nemmeno in presenza del buddismo.

 

 

CONFUCIO

  

Pensatore cinese (Chuehli, Shantung 551 circa - Chufu, 479 a.C.). 

Il suo vero nome era K'ung Ch'iu; dai discepoli fu chiamato K'ung Fu Tzu o "Venerato Maestro K'ung", nome che i primi missionari latinizzarono in Confutius, da cui l'italiano Confucio. Dopo aver ricoperto varie cariche, Confucio divenne ministro della giustizia del feudatario di Lu, ma non essendo i suoi consigli accettati da questi, scelse la via dell'esilio ed andò errando per tutta la Cina nell'inutile ricerca di un principe che applicasse i suoi principi etico-politici.

 Tornato a Lu, fondò una scuola ed ebbe numerosi discepoli. Confucio non si atteggiò mai a fondatore di una scuola filosofica, nè volle istituire una religione nuova: andava, invece, ripetendo di voler "trasmettere e non creare, studiando ed amando le istituzioni dell'antichità". Ipotizzò un antico periodo aureo in cui saggi sovrani governavano la Cina e cercò di ristabilire tale modello mediante lo studio ed il miglioramento etico dell'individuo: il sistema filosofico-politico da lui auspicato prese il nome di confucianesimo. La tradizione gli attribuisce la redazione di alcuni dei ching o libri canonici. Numerose sono le leggende che fiorirono intorno alla sua persona, come quella creata dai taoisti che favoleggiarono di un suo ipotetico incontro con il loro caposcuola, Lao-tzu. Molti aneddoti sulla sua vita, abbastanza attendibili perché raccolti in epoca di poco successiva alla sua morte, sono compresi in uno dei libri canonici, i Lun-yu o Dialoghi. Da tale opera sappiamo come Confucio morisse convinto dell'inutilità del suo insegnamento, non avendo trovato principi disposti ad accettarne le idee e non essendosi verificati quei fatti sovranaturali che, secondo quanto dicevano gli antichi Cinesi, avrebbero dovuto precedere la scomparsa di un genio.
Ma l'influsso di Confucio, se fu di poco conto durante la vita, divenne grandissimo dopo la sua morte. Gli furono edificati templi in tutta la Cina per onorarne la memoria e per due millenni il suo pensiero rimase la materia di studio per ogni cinese che intendeva dedicarsi alla cosa pubblica. Ma all'inizio del sec. XX la critica e soprattutto i nuovi avvenimenti storici ne hanno drasticamente ridimensionato la portata, mettendo in evidenza il suo sostanziale conservatorismo e imputandogli la cristallizazione della società cinese.

 

ESSENZA della FEDE CONFUCIANA

  

La religione di Confucio non è una fede che dipende da una "rivelazione", ma è piuttosto una filosofia esistenziale: non ci sono dogmi né clero (nel senso di una casta sacerdotale professionale, in quanto l'esecuzione dei riti era generalmente affidata a funzionari statali e capifamiglia). Essere virtuosi, per Confucio, significa avere autocontrollo, moderazione e saper agire con giustizia, a imitazione degli antichi, che non avevano leggi esteriori costrittive e che consideravano l'amore per il prossimo non un semplice dovere ma un'esigenza vitale. Prima di ricercare dio (che coincide col "cielo"), l'uomo deve conseguire questi prerequisiti umani attraverso l'educazione e l'autoeducazione. A chi gli chiedeva di parlargli dell'aldilà, Confucio rispose: "Non abbiamo ancora imparato a conoscere la vita, come potremo conoscere la morte?".

In queste parole si riassume l'atteggiamento non solo dei confuciani ma anche dei cinesi di fronte a quei problemi che ogni chiesa o confessione considera tipici della personalità religiosa. I cinesi hanno più interesse per la vita pratica che non per il futuro dell'anima. L'idea di dio per loro equivale a quella di natura e nella storia religiosa della Cina non vi sono mai stati grandi apostoli, martiri o redentori. Anche i capi religiosi furono pochissimi. Confucio, ad es., non era una figura monastica: amava suonare il liuto, cantare in coro, andare a caccia e a pesca. D'altra parte nessun cinese si è mai sentito esclusivamente confuciano, buddista o taoista. Tutte e tre le religioni, infatti, insegnano che l'uomo, all'origine, è buono e che può raggiungere la salvezza attraverso la conoscenza della natura umana.

Il primo ambito sociale in cui l'uomo impara ad essere autentico, secondo Confucio, è la famiglia. Il figlio apprende la pietà filiale: deve al padre rispetto e sostegno nella vecchiaia, mentre il padre gli assicura protezione e lo aiuta a formarsi.

Il secondo ambito è la società civile, ove si apprendono e si applicano la giustizia, l'altruismo, la compassione e soprattutto la benevolenza (che sta alla base di tutte le virtù).

Il terzo livello è quello dello Stato, ove i sudditi (specie i funzionari statali) sono tenuti alla lealtà-fedeltà, a condizione naturalmente che il sovrano governi con virtù e non con lassismo e corruzione o tramite la rigorosa applicazione delle leggi. Confucio era favorevole a una monarchia patriarcale, feudale e gerarchica.

In pratica i confuciani concepivano lo Stato come una grande famiglia al cui vertice stava il re ("mandato dal cielo"), mentre più in basso tutti osservavano i diritti-doveri della loro condizione sociale, secondo un codice prestabilito che regola i rapporti tra signore e vassallo, tra padre e figlio, tra il primogenito e gli altri fratelli, tra marito e moglie, tra amici e compagni.

In effetti il Confucianesimo si prestava molto ad essere utilizzato come una religione di stato. Esso equiparava il sovrano al sommo sacerdote in grado di governare per il "mandato ricevuto dal cielo": mandato revocabile ogniqualvolta il sovrano spezza l'armonia fra ordine sociale e naturale. E' il sovrano che promulga ogni anno il calendario dei doveri civili e rituali.

Significativo il fatto che questa dottrina, raccolta in diversi libri e rielaborata dai suoi discepoli, fu alla base degli esami con cui si selezionarono i funzionari statali dal 1313 al 1905.

I due concetti-chiave del Confucianesimo sono il rito e la benevolenza: entrambi presuppongono il retto agire e il buon governo. I "riti" sono la forma dell'agire, la "benevolenza" ne è il contenuto. Il rito dipende dalla benevolenza: senza questa diventa formale, vuoto, falso.

Il rito più importante è il culto degli antenati, che è in verità la fonte di tutte le religioni cinesi. Questo culto venne introdotto all'inizio della dinastia Chou (1122-256 a.C.) e Confucio non fece altro che divulgarlo. Ai suoi tempi gli antenati non erano più divinizzati, ma semplicemente venerati. Il culto era eseguito dai capifamiglia (o dai capi-clan). A fondamento del culto sta la pietà filiale prolungata oltre la morte. Il fine è quello di mantenere viva la coscienza di appartenere a un gruppo molto più vasto di quello che si vive sulla terra.

Ogni famiglia aveva un proprio tempio (ogni gruppo familiare uno per il capostipite, e così via, sino agli antenati dell'imperatore). Al suo interno vi erano delle tavolette geroglificate, conservate in piccole teche: ognuna di esse rappresentava un antenato. Le cerimonie venivano compiute in momenti particolari (nascita, morte, matrimonio, ecc.), oppure quando si doveva chiedere consiglio-assistenza per poter prendere importanti decisioni.

A Confucio non interessava tanto il rapporto degli uomini con le anime di questi defunti (non esiste nel canone una "teologia dell'aldilà"), quanto il fatto che in tal modo l'unità della famiglia (e quindi della nazione) restava salvaguardato. Il rito doveva servire per tenere unita la famiglia, la società e lo Stato: doveva insomma dare agli uomini il senso di appartenere a una collettività molto vasta, forte e compatta, insegnando loro le virtù.

Ancora oggi i funerali cinesi sono molto meticolosi e ritualizzati, ma non lugubri. Sulla tavoletta, di solito, viene incollata la foto del defunto e scritto il nome con l'indicazione dell'età e dello status sociale che aveva avuto in vita. I cibi, offerti in maniera simbolica, vengono consumati dagli stessi donatori in un secondo momento. Non mancano corone di fiori, incenso, candele, lanterne di carta e rozzi sai con cappuccio indossati dai parenti del defunto.

Per i confuciani, una persona quando muore ha l'anima che si separa in tre parti: una sale in cielo, la seconda rimane nella tomba per ricevere sacrifici e offerte di cibo, la terza viene localizzata nella tavoletta del tempio. Quest'anima può trasformarsi in uno spirito buono o cattivo: la sua sorte è decisa dal suo passato e dalla sollecitudine con cui i parenti ne onorano la memoria. Quindi più sontuose sono le cerimonie funebri e i riti commemorativi e più aumentano le probabilità ch'egli divenga uno spirito buono e di conseguenza benefico per i vivi. Probabilmente anche questa particolare e molto sentita venerazione ha impedito il diffondersi del cristianesimo in Cina. Il regime comunista permette solo le feste principali: Capodanno (con la famosa processione del drago, considerato simbolo benefico), le Barche del Drago, l'Ottava Luna. E' a Singapore, Hong Kong e Formosa che si può assistere alle feste più colorite e festose. Il rito per i confuciani è così importante che ancora oggi non disdegnano quelli di origine taoista e buddista.

Sul piano dei valori il concetto fondamentale promosso da Confucio è quello di benevolenza, paragonabile al concetto di "amore". La famosa massima evangelica "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" era stata detta da Confucio cinque secoli prima. Né gli era sconosciuto il concetto di "amore universale" (il principio è: "considera tutti come fratelli") e di giusto mezzo (secondo cui per cercare di realizzare un ideale bisogna scendere a leciti compromessi). Politicamente egli concepiva il sovrano ideale come un individuo virtuoso e benevolo, liberale nell'accordare i benefici e cauto nell'applicare i castighi.

L'aspetto più negativo della dottrina confuciana è senza dubbio la sua concezione della donna, considerata di molto inferiore all'uomo. Il confucianesimo tolse alla donna cinese la superiorità che le restava nella vita familiare e praticamente la "seppellì" nel puritanesimo dell'epoca manciù (XVIII sec.). Ancora oggi la cerimonia nuziale e la vita coniugale risentono di questa forte discriminazione.

 

SVILUPPI

 

Dopo la morte di Confucio e con la definitiva disgregazione dello Stato Chou, i discepoli si divisero in due gruppi, preoccupati di trovare una definizione etica e normativa della morale che fosse valida in sé e per sé, e anche per rispondere alle forti critiche del filosofo progressista Mo Ti, che rifletteva l'ideologia dei contadini, dei piccoli artigiani e commercianti oppressi.

Mencio (372-287 a.C.) razionalizzò l'insegnamento di Confucio sulla "benevolenza" (o bontà di cuore) e sull'importanza dei valori morali nella società, dando così inizio a una disputa che avrebbe occupato i pensatori confuciani per diversi secoli. Mencio infatti sosteneva come norma della moralità la natura umana, che è fondamentalmente buona, per cui alla vita morale occorreva soltanto un processo di autoperfezionamento. Qui il discorso religioso diventa più esplicito, poiché il tentativo è quello di mostrare come il dio-cielo (concepito come forza morale) si rapporta all'uomo e lo aiuta a realizzarsi.

Xunzi (298-238 a.C.), che è il terzo fondatore del Confucianesimo, sosteneva invece che la natura umana è incline al male e solo attraverso un'educazione imposta dall'esterno, essa può vivere pacificamente e con dignità. Da notare che fu soprattutto Xunzi a sviluppare il lato pratico della religione confuciana con la sua dottrina dell'azione rituale. Confucio si era soffermato soprattutto sull'esigenza di vivere la vita con umanità e di preservare i riti tradizionali. Xunzi formalizzò e codificò questa prassi, introducendo nuovi riti, i quali, peraltro, essendo prevalentemente dei sacrifici ufficiali statali, erano poco sentiti dal popolo.

Dong Zhong-Shu (197-104 a.C.) riuscì a far adottare il Confucianesimo come religione di stato sotto la dinastia degli Han (136 a.C.). Fece questo a prezzo di forti concessioni e con molto eclettismo: ad es. esaltò il ruolo del re abbassando quello del popolo (il re non è più "mandato dal cielo" e quindi revocabile, ma "esecutore del cielo", per cui la volontà dell'uno è sempre conforme a quella dell'altro). Naturalmente Dong preferiva la scuola di Xunzi. E grazie a lui si svilupparono notevolmente la burocrazia imperiale e la meritocrazia, cui il sistema degli esami per il mandarinato diede forte impulso. Sotto questa dinastia, il confucianesimo si arricchì di una cosmologia e di una metafisica, basata sul dualismo di yin (principio femminile, ombra, freddo, riposo, passività, terra) e yang (principio maschile, luce, calore, energia, attività, aggressività, cielo).

Con l'avvento della dinastia Sung (960-1279 d.C.) il pensiero confuciano entrò nella sua nuova e ultima fase di elaborazione. A partire dal XII sec. sorge praticamente il "neo-Confucianesimo", in direzione del panteismo e sotto l'influenza del Taoismo e del Buddismo. La prima scuola, detta "della ragione", dà una certa importanza alla materialità della vita, sostenendo che le contraddizioni pratiche possono pregiudicare seriamente la felicità dell'uomo, per cui il loro esame è indispensabile per modificare la realtà. Tuttavia, non ponendo la materia a fondamento dell'essere ma un'astratta legge o regola universale, questa scuola non determinò un nuovo interesse per l'osservazione scientifica. La preoccupazione fondamentale fu quella di studiare la storia passata e i testi classici, considerati depositari del modello ideale del "buon governo". La seconda scuola, detta "della mente" (che raggiunse il suo apice nei secoli XV e XVI), fu molto più idealista, in quanto sosteneva una stretta identità di essere e coscienza a partire dalla coscienza, per cui la felicità e la conoscenza dell'uomo dipendevano unicamente dalla introspezione e dalla illuminazione intuitiva.

L' impostazione del Confucianesimo data da Dong rimase praticamente invariata sino al 1905. Poi il culto statale venne riorganizzato nel 1907 e soppresso nel 1912. Durante la "rivoluzione culturale" maoista ci si scagliò contro il Confucianesimo in quanto tale, senza distinguere le idee originarie del fondatore da quelle, di alcuni suoi seguaci, che poi risultarono dominanti. Una campagna anti-Confucio è stata condotta anche nel 1973: sotto accusa furono quegli insegnanti che si servivano di metodi autoritari. La casa di Confucio venne saccheggiata dalle "guardie rosse": le preziose edizioni di antichi testi confuciani conservate nella biblioteca, la statua di Confucio, quelle dei suoi quattro discepoli e seguaci più celebri, i vasi sacrificali, gli antichi strumenti musicali, fra i quali il liuto: tutto andò distrutto. Poco dopo la morte di Mao, la città natale di Confucio è stata riaperta ai turisti cinesi e dal 1979 anche agli stranieri.

Oggi in Cina il culto è seguito da circa 200 milioni di persone: dal 1984 la ricorrenza della data di nascita di Confucio si celebra con grande solennità. Sua è una delle sentenze adottate dal PCC: "Che importa se il gatto è bianco o nero, purché acchiappi i topi". Al di fuori della Cina, il Confucianesimo si è sviluppato soprattutto in Corea: al Nord vi sono 7 milioni di seguaci, al Sud 2 milioni. In Giappone si diffuse a partire dal XV sec., dove sussiste ancora oggi sotto forma di dottrina filosofica tradizionale. Per effetto dell'immigrazione cinese, il confucianesimo si è diffuso anche in Vietnam, Thailandia, Filippine, Indonesia, Malesia, ecc., raggiungendo la cifra di circa 300 milioni di fedeli.

 

BIBLIOGRAFIA

  

Testi confuciani, UTET 1974.
- Confucio, I dialoghi, Rizzoli, Milano 1978.
- Confucio e Mencio, I Quattro libri, Bocca, Milano 1945.
- Chow Yin-Ching, La filosofia cinese, Garzanti, Milano 1960.
- M. Collis, Confucio, Longanesi, Milano 1970.
- H.C. Puech (a cura di), Storia delle religioniLa Cina e la Corea, Laterza, Bari 1978.
- J. Gernet, Cina e cristianesimo, Marietti 1984.
- M. Granet, La religione dei cinesi, Adelphi, Milano 1973.
- P. Corradini, Confucio e il confucianesimo, ed. Esperienze, Fossano (CN) 1973.
- W. Eichhorn, La Cina, Jaca Book, Milano 1983.